di Stefano Cagno
Dirigente Medico Ospedaliero
Azienda Ospedaliera di Desio e Vimercate (MB)
Molto spesso mi viene chiesto come posso sperimentare una nuova sostanza prima di somministrarla agli esseri umani, se non voglio ricorrere alla sperimentazione animale e quindi quali alternative esistono.
Prima di parlare dei metodi sostitutivi/alternativi, bisognerebbe fare qualche premessa.
È scientifico solo ciò che è dimostrato tale. Un metodo scientifico è tale se è riproducibile ossia se eseguito in qualsiasi luogo, in qualsiasi tempo e da qualsiasi sperimentatore, da un risultato sempre identico. Si chiede ai metodi sostitutivi la sperimentazione animale di essere validati, ossia di dimostrare che i risultati che si ottengono sono predittivi di quanto poi accadrà nella nostra specie. Peccato che nessun modello animale sia mai stato validato ed anzi, quasi sempre, i risultati ottenuti con i metodi sostitutivi vengono paragonati a quelli ottenuti con la sperimentazione animale. Si cerca quindi di validare alcuni metodi (sostitutivi) usando come paragone altri metodi mai validati (modelli animali). Alcuni ricercatori affermano che la storia ha validato i modelli animali: ma quale storia, quella del 2012 o dell’ottocento? Prima di parlare di validazione dei metodi sostitutivi bisognerebbe validare i modelli animali, se ciò non è possibile significa che noi prendiamo in giro l’opinione pubblica convincendola, solo con le chiacchiere, che quanto facciamo prima di sperimentare sulla nostra specie è valido, ma in realtà le vere cavie diventano gli essere umani.
Inoltre è inutile criticare i metodi sostitutivi, se quasi la totalità dei finanziamenti finisce nella sperimentazione animale. Se poi facciamo il possibile per non applicare i metodi sostitutivi, nessun finanziatore privato investirà soldi in questo campo se saprà che poi non potrà brevettare e vendere il metodo.
Infine una osservazione. Se chi sperimenta sugli animali fosse sicuro dei propri metodi dovrebbe essere il primo a chiedere la validazione, perché, se ci riuscisse, metterebbe a tacere definitivamente gli antivivisezionisti scientifici.
Detto questo vediamo qualche dato sulla affidabilità e la sicurezza per la nostra specie che ci viene dalla sperimentazione animale.
Il 92% delle sostanze che superano la sperimentazione sugli animali non superano la sperimentazione umana (fonte FDA, ossia l’organismo statunitense di controllo sulla commercializzazione dei farmaci -Lester Crawford, FDA Commissioner, in The Scientist 6.8.04 "More compounds failing Phase I" / US Food and Drug Administration (2004) Innovation or Stagnation, Challenge and Opportunity on the Critical Path to New Medical Products).
Il 51% dei farmaci commercializzati negli USA presenta gravi reazioni avverse che non si erano verificate nei test sugli animali (fonte Associazione dei Medici Statunitensi - Moore T.J., Psaty BM. e Furberg CD. Time to act on drug safety. JAMA, 279: 1571-1573, 1998 ). 100.000 cittadini statunitensi muoiono ogni anno per avere assunto farmaci che si suppone fossero innocui negli animali (idem - Lazarou J, Pomeranz BH, Corey PN.Incidence of adverse drug reactions in hospidalized patients. A meta-analysis of prospective studies. JAMA, 279: 1200-1205, 1998). Quindi la sperimentazione animale fallisce nel 92% dei casi nel passaggio alla sperimentazione umane e nel 51% dell’8% rimanente dopo la commercializzazione, ossia su 100 sostanze sicure negli animali, 92 sono tossiche e/o inefficaci nella sperimentazione umane e altre 4 sono tossiche dopo la commercializzazione. Quindi su 100 sostanze sicure negli animali, almeno 96 si dimostrano tossiche e/o inefficaci nella nostra specie. Questi dati mi fanno affermare che la sperimentazione animale è una truffa perpetrata ai danni del consumatore.
Alla luce di questi dati abolirei la sperimentazione animale anche in mancanza di alternative.
In realtà le alternative esistono. Quanti sperimentano sugli animali affermano che le colture cellulari non possono sostituire gli animali perché su di esse non si può studiare la metabolizzazione e l’eliminazione delle sostanze/farmaci. Tuttavia preferisco ottenere risultati parziali, ma affidabili, perché riferiti a quanto succede in un solo organo ma umano (es. cellule di epatociti umani), piuttosto che avere risultato complessivi ma inaffidabili perché riferiti ad altre specie che metabolizzano ed eliminano le sostanze in maniera differente rispetto alla nostra. Curioso poi constatare che secondo chi sperimenta sugli animali le colture cellulari umane non servirebbero, ma il 20% degli animali uccisi in Italia serve proprio per allestire colture cellulari che in questo caso uniscono il limite di fornire risultati parziali a quello che appartengono anche a specie differenti dalla nostra, ossia sono parziali ed anche inaffidabili.
Soprattutto però bisognerebbe sfruttare le nuove tecnologie come la farmacogenomica, la proteomica e i simulatori metabolici
Esiste l’errata idea che un solo metodo alternativo debba sostituire un modello animale e su questo errato presupposto si basa tutta la propaganda di chi è favorevole ai test sugli animali. È infatti innegabile che l’unico modello che può sostituire un organismo nel suo complesso sembrerebbe essere un’altro organismo nel suo complesso. Ma se ci muoviamo su questa strada utilizzando gli animali, non usiamo un modello semplificato, ma uno complicato dal fatto che aggiungiamo centinaia e migliaia di variabili che differiscono da specie a specie. Con i roditori condividiamo il 95% del DNA, ma quel 5% di differenza significa almeno 1500 geni differenti che codificano per 1500 proteine differenti che saranno responsabili di 1500 caratteri fenotipici differenti. Un metodo di ricerca come quello del simulatore metabolico servirebbe, invece, ad unire risultati parziali ottenuti con materiale umano che non risentono delle influenze delle centinaia e migliaia di variabili presenti in tutte le altre specie. La somma dei risultati parziali, la loro analisi e la valutazione delle loro correlazioni possono fornire una previsione di gran lunga più affidabile dei modelli animali. È una questione di volontà, non di possibilità.
Dr. Stefano Cagno
Dirigente Medico Ospedaliero
Azienda Ospedaliera di Desio e Vimercate (MB)