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giovedì 31 ottobre 2013

IL CERRO DI SUTRI


Sutri, la bella cittadina del viterbese, è famosa nel mondo e nella storia per vari motivi. In campo archeologico, per le numerose vestigia della civiltà etrusca. In campo storico, per la famosa donazione del re longobardo Liutprando al papa Gregotrio II, del castello di Sutri, gesto che ha segnato l’inizio del potere temporale dei papi.
Anche nel mondo dei grandi alberi, Sutri pone la sua impronta. Sul suo territorio vegeta e prospera questo splendido cerro. È, forse, il più bell’albero di tutto il Parco Naturale Regionale dei laghi di Bracciano e Martignano. Le dimensioni dicono: m 4,45 la circonferenza del fusto, m. 22 l’altezza e 26 il diametro della chioma. L’età attribuitagli dal personale della competente stazione forestale, quella di Ronciglione, è di 300 anni. È radicato in una valletta che si adagia tra le cime delle alture che prendono il nome di Monte Calvi a nord e Rocca Romana a sud ed è raggiungibile attraverso una stradina bianca che si stacca dalla strada provinciale che da Sutri porta a Trevignano Romano. L’albero è un prodigio di armonia e di proporzioni. Il fusto è fortemente rastremato, tanto che alla base raggiunge una circonferenza di m 8,50. L’apparato radicale, parzialmente in superficie, ha inglobato un masso nel corso del suo sviluppo. La chioma spiove uniformemente da ogni lato, fino a meno di un metro da terra creando, nella stagione più calda, una cupola di freschezza e serenità. La sua ombra viene, infatti, sfruttata sovente dalle greggi che sotto di essa si riparano dalla canicola. Altre notizie biografiche non è stato possibile reperirle, per mancanza di interlocutori idonei sul posto. Unica nota stonata, a pochi metri dalla stupenda quercia, i tralicci dell’alta tensione.

Valido Capodarca

mercoledì 30 ottobre 2013

L’ACERO DELLA MOLA


Quando la guida naturalistica Carla Picciurro mi fece conoscere questo acero campestre, rimasi convinto che la sua circonferenza di m. 3,75 che rappresentava il primato italiano per la specie ben difficilmente avrebbe trovato eguali in Italia. Pochi mesi dopo, dal libro di Raimondi e Schicchi sugli alberi monumentali di Sicilia venni a sapere che là ce n’è uno di ben 4,80.
L’albero si trova nel territorio comunale di Oriolo Romano, in una località denominata Mola, raggiungibile per una strada di 4 km che conduce all’Isola Ecologica, area attrezzata adibita dal comune di Oriolo alla raccolta di rifiuti differenziati. Vicino, gorgoglia il torrente Viscione che, poche decine di metri più avanti, confluisce nel torrente Mignone. Lungo il breve tragitto che dalla piazzola di sosta per le auto conduce all’Acero, si incontra, sulla sinistra, una polla di acqua sulfurea, tiepida, che zampilla copiosa dal suolo, riposa qualche minuto in una vasca di una decina di metri di lunghezza, per poi riversarsi nel Viscione. A pochi passi, sulla destra, ci si fanno incontro i ruderi in tufo di un antico mulino ad acqua, oltre il quale appare un laghetto formato dalle acque del fiume Mignone che precipitano in cascata da uno squarcio di una poderosa diga anch’essa in tufo: era la diga dalla quale partiva il canale che azionava le mole del mulino (da qui il nome del posto). Un sentiero di un centinaio di metri consente di portarsi sulla parte superiore della diga oltre la quale, a circa trenta metri dalla stessa, sulla sponda del fiume, appare il nostro fenomeno. Il fusto quasi non esiste, in quanto già dalla base l’albero si frammenta in un fascio di rami che si sprigionano verso tutte le direzioni a formare una chioma di ben 20 m di diametro.
Il posto, in tutto il suo insieme, merita una sosta anche prolungata, con il limpido Mignone che si avvicina placido prima di precipitarsi dalla cascata, con la cascata stessa vista dall’alto, con la diga ormai senza più funzioni ma che suscita stupore per la sensazione di solidità che fornisce.

martedì 29 ottobre 2013

La quercia del re


Sotto la vecchia Quercia (m. 5,28 di circonferenza) di Giovanni Caporuscio, in località Tordoni di Pontecorvo (FR), è passata più volte la Storia. Sembra che il nome le derivi dal fatto che una volta (il territorio di Pontecorvo si trovava al limite settentrionale del Regno delle due Sicilie) sotto la sua ombra abbia sostato il grande re napoletano Ferdinando II di Borbone con tutto il suo seguito.
La Storia tornava a fare sosta sotto la grande Quercia. Con la vittoriosa impresa dei Mille Garibaldi strappava tutto il sud dell’Italia ai Borboni e lo consegnava ai Savoia. Non tutti accettarono l’evento, specialmente quei militari che avevano prestato giuramento di fedeltà al deposto re e che a tale giuramento intendevano restare fedeli, lo sentirono come una invasione e una sopraffazione. Da qui le rivolte e le lotte di ribellione A questi combattenti, che oggi per fortuna si tende a rivalutare, la storia avrebbe riservato il marchio di “briganti”. (Pensiamoci: lo stesso infamante epiteto sarebbe rimasto addosso ai nomi di Nazario Sauro, Cesare Battisti, Enrico Toti, se la Prima Guerra Mondiale l’avesse vinta l’Austria). Si racconta, dunque, che i briganti, in lotta contro i Carabinieri e contro l’Esercito del neo-costituito Regno d’Italia, nel corso delle loro scorribande si siano fermati spesso a riposare o a tenere le loro riunioni all’ombra della Quercia.
Passarono altre decine di anni e la Storia decise di rendere di nuovo visita alla “Quercia del Re”. Sulle truppe tedesche asserragliate dentro le mura dell’Abbazia di Montecassino piovevano le bombe degli aerei e dell’artiglieria degli Alleati. I tedeschi, tuttavia, non subivano passivamente ma i loro cannoni scagliavano proiettili a grande distanza. Almeno uno di essi centrò la chioma della Quercia e un moncone di ramo di belle dimensioni nella parte più interna della chioma rimase per 66 anni a ricordare il pauroso episodio.
Col passare degli anni, le membra del gigantesco corpo della Quercia cominciarono a indebolirsi e a costituire un pericolo per chi transitava sotto la sua ombra. Per queste ragioni, un giorno l’Amministrazione della Provincia di Frosinone impose a Giovanni Caporuscio di tagliare un grosso ramo che si spingeva sopra l’adiacente strada provinciale. Subito il peso della chioma si trovò squilibrato e sbilanciato nella direzione opposta a quella del ramo tagliato. Per evitare che la Quercia crollasse con le sue centinaia di quintali di peso sulla tettoia della sottostante officina, il signor Giovanni si vide costretto a tagliare un ramo ancora più grande che giungeva a fare ombra fin sul piazzale dell’officina stessa.
La Storia, dunque, è transitata più volte sotto la chioma della Quercia del Re ma, quando vi tornerà la prossima volta, non la troverà più. Poche settimane dopo lo scatto di questa foto, un articolo sul quotidiano «Ciociaria Oggi», del 30 giugno 2010, annunciava la caduta della Quercia del Re nel corso di un fortunale. Nelle foto che corredano l’articolo si vede solo un moncone di tronco rimasto in piedi.


Valido Capodarca

IMPIANTI EOLICI: STOP AD ATTACCHI INGIUSTIFICATI AL SETTORE DELLE FONTI RINNOVABILI

Alleanze Ecologica - Movimento Popolare è venuta a conoscenza di un deplorevole squilibrio tra chi produce energia a basso impatto ambientale e chi pretende di difendere il paesaggio con le parole. Tale atteggiamento porta solo verso il cambiamento climatico, oramai certificato dal mondo della scienza (nessuna prestigiosa università nega il cambiamento climatico), ed al conseguente rischio di estinzione di massa.
Solo il buon senso può far cessare tale lotta per la creazione di una convivenza tra lo sviluppo umano e la natura.
Di seguito riportiamo la dichiarazione a mezzo ufficio stampa.

ANEV, assoRinnovabili e il Coordinamento FREE manifestano tutto il loro sconcerto nei confronti del comunicato stampa dello scorso 25 ottobre dall'incredibile titolo “Basta Eolico” a firma di alcune associazioni “ambientaliste”.
Affermare che gli impianti eolici devastino il paesaggio per fini speculativi, creino nuovi oneri di dispacciamento e contribuiscano ad innalzare il costo dell’energia non solo è falso ma rappresenta l’ennesimo grave ed ingiustificato attacco ad un settore che si è dimostrato uno straordinario volano di crescita economica sostenibile.
Proprio l’incremento delle rinnovabili e dell’eolico in particolare ha permesso al nostro Paese di ridurre le
importazioni di materie prime fossili per il soddisfacimento della domanda di energia, con grandi benefici
sull'indipendenza energetica e sull'ambiente.
Il dibattito nazionale avrebbe bisogno di riflessioni ben più profonde sul modello di sviluppo da adottare in futuro e su quali politiche intraprendere per raggiungere gli sfidanti obiettivi che verranno indicati con la prossima adozione del Libro Verde 2030.

29 ottobre 2013 

Per ulteriori informazioni:
Ufficio Stampa assoRinnovabili 
Andrea Zaghi 
a.zaghi@assorinnovabili.it 
T +39026692673 – M +393493915303 
Via Pergolesi, 27 
20124 - Milano

Ufficio stampa Coordinamento FREE 
Iliana Pinardi 
info@free-energia.it 
T. +3906485539 - Fax +390648987009 
Via Genova, 23 
00184 - Roma

Ufficio stampa ANEV 
Silvia Martone 
comunicazione@anev.org 
T. +390642014701-Fax +390642004838 
Via Palestro, 1 
00185 - Roma


lunedì 28 ottobre 2013

DICHIARAZIONE UNIVERSALE DEI DIRITTI DELLA MADRE TERRA

A  gennaio  2013  la  commissione  di  Un  Bosco  per  Kyoto,  assegnò  al  Presidente  della Repubblica della Bolivia il prestigioso premio internazionale "Un Bosco per Kyoto 2013". La motivazione era l'aver inserito nella costituzione del suo Paese un articolo che recitava: "il diritto  alla  natura  di  esistere".  Il  Presidente  Morale  accettò  il  premio  e  nella  prossima edizione, che si terrà sempre al Campidoglio di Roma il 13 gennaio prossimo, ha promesso che farà del tutto per essere presente alla cerimonia di apertura di Un Bosco per Kyoto 2014.
Quello che chiederà a tutte le genti europee e di aderire alla "Dichiarazione Universale della Diritti della Madre Terra".
Questo il documento:

Preambolo 

Noi, i popoli e le nazioni della Terra:
Tenendo presente che facciamo parte di Madre Terra, una comunità indivisibile, viva, di creature in relazione e interdipendenti tra loro, con un destino comune; nel riconoscere con  gratitudine che Madre Terra è la fonte della vita, del nutrimento e dell'apprendimento e che ci fornisce tutto l'occorrente per vivere bene; nel riconoscere che il sistema consumistico -capitalista e tutte le forme di saccheggio, sfruttamento, abuso e contaminazione hanno provocato grande distruzione, degrado e sconvolgimento della Madre Terra, mettendo a rischio la vita per come la conosciamo oggi attraverso fenomeni quali i cambiamenti climatici; convinti che non è possibile, in una comunità viva e interdipendente, riconoscere solo i diritti degli esseri umani senza provocare uno squilibrio con la Madre Terra; nell'affermare che per garantire i diritti umani è necessario riconoscere e difendere i diritti della Madre Terra e di tutte le sue creature e che esistono culture, pratiche e leggi che fanno questo; consapevoli dell'urgenza di intraprendere un'azione collettiva risolutiva per trasformare le strutture e i sistemi che provocano il cambiamento climatico e le altre minacce alla Madre Terra; proclamiamo questa Dichiarazione Universale dei Diritti della Madre Terra e ne chiediamo l'adozione all'Assemblea Generale delle Nazioni Unite come modello di realizzazione per tutti i popoli e tutte le nazioni del mondo, al fine che ogni individuo e ogni istituzione si assuma la responsabilità di promuovere il rispetto dei diritti riconosciuti in questa Dichiarazione, attraverso l'insegnamento, l'educazione e la presa di coscienza, per affermare, con misure e meccanismi nazionali e risoluti e illuminati, il loro riconoscimento universale ed efficace e il loro rispetto tra tutti i popoli e gli Stati del mondo.

Articolo 1. Madre Terra 

1. Madre Terra è un essere vivente.
2. Madre Terra è una comunità irripetibile, indivisibile, autoregolamentata di creature correlate che sostiene, accoglie e riproduce tutte le creature.
3. Ogni creatura è definita dalle sue relazioni come parte integrale di Madre Terra.
4. I diritti innati di Madre Terra sono inalienabili poiché provengono dalla stessa fonte dell'esistenza.
5. Madre Terra e tutte le creature hanno titolo a tutti i diritti innati riconosciuti in questa Dichiarazione, senza distinzioni come quella tra esseri organici e inorganici, specie, origine, utilizzo a fini umani o di qualsiasi altro status.
6. Proprio come gli esseri umani hanno diritti umani, anche tutte le altre creature hanno diritti specifici alla propria specie o al proprio genere, appropriati al ruolo e alla funzione nell'ambito delle comunità nelle quali esse vivono.
7. I diritti di ogni creatura sono limitati dai diritti delle altre creature e ogni conflitto tra questi diritti deve essere risolto in un modo che mantiene l'integrità, l'equilibro e la salute di Madre Terra.

Articolo 2. Diritti Innati di Madre Terra 

1. Madre Terra e tutte le creature che la compongono hanno i seguenti diritti innati:
(a) il diritto alla vita e all'esistenza;
(b) il diritto di essere rispettate;
(c) il diritto di proseguire nei loro cicli e processi vitali, liberi da sconvolgimenti umani;
(d) il diritto di mantenere la propria identità e la propria integrità in quanto creatura distinta,  autoregolamentata e interrelata;
(e) il diritto all'acqua come fonte della vita;
(f) il diritto all'aria pulita;
(g) il diritto alla salute integrale;
(h) il diritto di libertà dalla contaminazione, dall'inquinamento e dai rifiuti tossici o radioattivi;
(i) il diritto di non modificare o sconvolgere la propria struttura genetica in un modo che minaccia la propria integrità o il proprio funzionamento sano e vitale;
(j) il diritto a un pieno e immediato ripristino della violazione dei diritti riconosciuti dalla Dichiarazione provocati da attività umane;
2. Ogni creatura ha il diritto di avere un luogo e di interpretare il proprio ruolo sulla Madre Terra per il suo funzionamento armonioso.
3. Ogni creatura ha il diritto al benessere e a vivere libera dalla tortura o dal trattamento crudele degli esseri umani.

Articolo 3. Obblighi degli esseri umani verso Madre Terra 

1. Ogni essere umano ha la responsabilità del rispetto e della vita in armonia con Madre Terra.
2. Gli esseri umani, tutti gli Stati e le istituzioni pubbliche e private devono:
(a) agire in accordo con i diritti e gli obblighi riconosciuti in questa Dichiarazione;
(b) riconoscere e promuovere la piena attuazione ed esecuzione dei diritti e degli obblighi riconosciuti in questa Dichiarazione;
(c) promuovere e partecipare all'apprendimento, all'analisi, all'interpretazione e alla comunicazione di come si  vive in armonia con Madre Terra in accordo con questa Dichiarazione;
(d) garantire che il perseguimento del benessere umano contribuisce al benessere della Madre Terra, ora e in futuro;
(e) stabilire e applicare norme e leggi efficaci per la difesa, la protezione e la conservazione dei Diritti della Madre Terra;
(f) rispettare, proteggere, conservare e dove necessario ristabilire l'integrità dei cicli ecologici, dei processi e degli equilibri vitali di Madre Terra;
(g) garantire che i danni ai diritti innati riconosciuti in questa Dichiarazione provocati da violazioni umane vengano corretti dai responsabili che dovranno anche assumersi la responsabilità di ripristinare l'integrità di Madre Terra;
(h) conferire l'autorità agli esseri umani e alle istituzioni di difendere i diritti della Madre Terra e di tutte le creature;
(i) affermare misure precauzionali restrittive per prevenire che le attività umane provochino l'estinzione di specie, la distruzione di ecosistemi o lo sconvolgimento di cicli ecologici;
(j) garantire la pace ed eliminare armi nucleari, chimiche e biologiche;
(k) promuovere e supportare pratiche rispettose per Madre Terra e tutte le creature in conformità alle loro culture, tradizioni e consuetudini;
(l) promuovere sistemi economici in armonia con Madre Terra e in conformità ai diritti riconosciuti da questa Dichiarazione.

Definizioni 

1. Il termine “creatura” include ecosistemi, comunità naturali, specie e tutte le altre entità naturali che esistono come parte di Madre Terra.
2. Niente di ciò che è contenuto in questa Dichiarazione limita il riconoscimento di altri diritti innati di tutte le creature o delle creature specificate.

domenica 27 ottobre 2013

IL LECCIO-SUGHERA DI MONTE SAN BIAGIO


Un monumento vegetale di sicuro e indubbio valore è il grande Leccio-sughera segnalato dalla Stazione Forestale di Fondi in occasione del censimento indetto dalla Regione Lazio. Molto interessante la sua carta di identità. Metri 5,23 di circonferenza di fusto (rilevati nel 2010), 25 metri di altezza, 28 metri il diametro della chioma, una data di nascita che può essere ricondotta al diciottesimo secolo.
Lo si raggiunge partendo dalla Strada Statale Appia e portandosi verso la frazione di San Vito. Da questa frazione la strada si biforca; occorre prendere il ramo di sinistra e, subito dopo, all’asfalto subentra un fondo brecciato. Ci si inoltra lungo la valle del torrente Dupante (le cartine IGM riportano il toponimo Topante). Dopo 5 chilometri esatti dalla strada statale si ferma l’auto. A piedi, ci si dirige nel prato,verso destra e si percorrono non più di duecento metri. Non sono facili, agli occhi, questi duecento metri. Ai resti interessanti di un’antica cisterna d’acqua e di una costruzione, fanno da contraltare un grosso serbatoio zincato abbandonato a ridosso di un albero e alcuni copertoni di camion o di trattore disseminati sul prato. L’albero si trova oltre un recinto di filo spinato facilmente superabile, al di là del quale i terreni, albero compreso, sono di proprietà del Comune di Monte San Biagio. Anche sull’albero si sente la fastidiosa presenza dell’uomo: colpi di accetta inferti senza ragione alcuna sul fusto, tracce di fuoco acceso alla base del tronco...
Il Leccio-sughera di San Vito è senza dubbio l’albero più rappresentativo del territorio comunale di Monte San Biagio: qualche misura di tutela, da parte delle autorità comunali, nei suoi confronti è necessaria.


sabato 26 ottobre 2013

IL QUERCIONE DI TOLLO - morto nell'immondizia


Una vecchia coppia – quasi 180 anni in due –sta spendendo le ultime gocce della lampada della vita, seduta, le spalle a ridosso del tronco rugoso di un’antica quercia pluricentenaria-
“Ti ricordo, Pietro – fa lei –che cosa si diceva quand’eravamo giovani? Da vecchi, quando non saremmo serviti più, ci avrebbero buttati fra le immondizie”. “Proprio vero, Menica - fa lui, con uno sguardo pieno di tenerezza sulle rughe della antica compagna – non abbiamo fatto certo una bella fine, noi due.!”
Una folata di vento si infrange sulla chioma martoriata della vecchia quercia, e l’attraversa, quasi un sospiro fra corde vocali lacerate. Balzando di ramo in ramo, il sibilo si articola in un’eco cupa e scricchiolante come una voce scaturita dagli abissi del tempo.”Cosa dovremmo mai dire noi alberi? A quei pochissimi ai quali il vostro genere consente di arrivare alla vecchiaia, a quelli, l ’immondizia viene gettata direttamente addosso”.
Due sguardi lenti si spandono attorno, quasi liberati a fatica dalle grinze delle palpebre, due mani ossute e crestate di vene posano una carezza tremante sull’enorme tronco cariato dell’albero; due voci sussurrano all’unisono: “Hai ragione,amico, perdonaci se ti abbiamo dimenticato. Intendevamo dire: noi tre!”
Da: “Abruzzo, sessanta alberi da salvare”, 1988.
Ecco come ha vissuto gli ultimi suoi anni il Quercione di Tollo (CH), m. 5,06 di circonferenza. Morto successivamente di stenti o di crepacuore, il suo cadavere venne eliminato.


Valido Capodarca

venerdì 25 ottobre 2013

IL PLATANO DI VIGORSO


Per le misure di questo albero, il Platano del Podere La Bolognina, in comune di Castenaso, dobbiamo accontentarci di quelle da me rilevate intorno al 1987. Era uscito da circa un anno il mio “Emilia Romagna, ottanta alberi da salvare” e (non ricordo chi me lo segnalò, probabilmente l’Ispettorato Forestale di Bologna), questo platano fu il mio primo dispiacere, cioè il primo grande albero conosciuto dopo la pubblicazione, e perciò assente nel mio libro. Ricordo che rilevai una misura di m. 5,70, sicuramente di grande rilievo. Ciò che tuttavia mi colpì fu l’enorme estensione della chioma, che raggiungeva ben 35 metri di diametro.
Passavano tre anni, e rivedevo lo stesso platano nel 2° volume di “Alberi Monumentali d’Italia”, selezionato dal curatore dr. Bortolotti e inserito, con merito, fra i 300 alberi più significativi del nostro Paese. La misura della circonferenza si identificava con la mia, segno che era stata rilevata più o meno nello stesso periodo. Lucio Bortolotti, in uno scarno testo, ci fa sapere che probabilmente il platano è un relitto del parco di una antica villa del XVII secolo della quale non restano tracce.
Il tentativo mio e di Diego de Simone di aggiornare le misure è andato a vuoto. Oggi il grandioso platano è al chiuso del recinto di una proprietà privata. Ci ha colpito, sul cancello, il cartello di "Attenti al cane” scritto in inglese. Comunque, il cane che da qualche parte della casa faceva sentire la sua voce più per adempiere a una clausola del contratto col padrone che per convinzione personale, abbaiava rigorosamente in italiano.
L’albero può essere agevolmente guardato, fotografato, ma non misurato. I nostri tentativi di accesso non hanno avuto buon esito. Una stima a occhio porterebbe ad attribuirgli 6 metri di circonferenza. La chioma, quella sì, continua ad essere la parte più spettacolare del Platano.


Valido Capodarca

giovedì 24 ottobre 2013

UN ALBERO CHE HA CAMBIATO REGIONE


Fino a pochi anni fa le Marche vantavano un solo Cerro con caratteristiche di monumentalità ma, da quando il suo comune ha votato la secessione, anche l’albero è transitato in provincia di Rimini.
“Quest’albero è la salvezza di casa mia!”, soleva dire la signora Zena, riferendosi al fatto che la pianta, data la sua collocazione a ridosso del muro della casa, la proteggeva in qualche misura dai venti provenienti dalla val Marecchia.
L’albero è il vecchio, famoso Cerro di Poggio Bianco, minuscola frazione di Pennabilli, neppure segnata sulle carte stradali. Esso è l’abitante più antico del paesino, ed è da tutti considerato quasi una persona di famiglia, il nonno comune di tutti gli abitanti. La sua circonferenza è di m. 4,40 mentre l’età viene valutata in 300 anni. Forse esso è addirittura più antico delle stesse case di Poggio Bianco. L’ipotesi è suggerita da alcune cicatrici visibili sul tronco dalla parte della casa, che sono il ricordo di rami amputati in epoca remota, forse proprio per costruire le mura di quella.
Fra i rami, è collocata una piccionaia. In passato ve ne erano di più, compresa una costituita da una vecchia cucina dotata di tanti sportellini, che vi era stata collocata da Eraglio Lazzari. Sembra, tuttavia, che i piccioni non la tenessero da gran conto, tanto da lasciarla sempre deserta.
Alla base del tronco, sul lato che dà verso la Val Marecchia, è visibile una cicatrice di una certa entità. Alcune decine di anni or sono, come spesso avviene per gli alberi plurisecolari, si era formata una caverna, con pareti di legno marcio. Il Cerro venne sottoposto ad efficace azione di risanamento, con asportazione del marciume e applicazione di catrame impermeabilizzante.
La chioma, per contro, ha subito un declino, con riduzione da 19 a 14 m di ampiezza in venti anni per la morte e caduta delle porzioni sommitali di molti rami.
E’ innegabile, tuttavia, che il vecchio Cerro abbia nuovamente bisogno di aiuto e di cure. Proprio a questo scopo si stavano prodigando il signor Eraglio e la signora Zena, quando entrambi sono deceduti. L’iniziativa da essi intrapresa è, di conseguenza, entrata in una sorta di letargo, ma sembra che vi sia già, nel paesino, chi comincia ad attivarsi perché gli stessi buoni propositi abbiano a divenire realtà.

Valido Capodarca

mercoledì 23 ottobre 2013

LA QUERCIA DI ACQUALAGNA


Il cercatore di alberi che percorre la Flaminia da Roma in direzione di Fano, appena oltrepassato lo svincolo di Acqualagna e prima di entrare nella galleria che bypassa la gola del Furlo, è facile che veda catturata la sua attenzione da una quercia che spicca sulla piana, sulla sinistra dell’arteria stradale. Se esce allo svincolo del Passo del Furlo, la perderà di vista ma, con un pizzico di pazienza, la ritroverà non lontana dal Santuario di Santa Maria del Pelingo. La pianta è più imponente ed esteticamente apprezzabile di quanto i suoi m. 4,18 di circonferenza possano suggerire. Se non bastassero le dimensioni e l’aspetto più che gradevole a renderla interessante, provvedono alcune storie che un suo vicino ci racconta. Sotto di essa solevano effettuare l’ultima sosta quanti si recavano in processione a piedi presso il vicino Santuario della Madonna del Pelingo. Chi andava, invece, in carrozza, vi parcheggiava il suo veicolo ed il cavallo.
Durante la guerra, la sua chioma ospitale era stata adocchiata da un reparto tedesco, che lì sotto aveva stabilito il suo Comando. Poco mancò che anche qui, come in molte parti d’Italia, si consumasse l’ennesimo eccidio. Un giovane del luogo, animato da odio verso l’invasore, si era messo in testa di appostarsi dietro le finestre della vicina abitazione e sparare loro col suo fucile. Ce ne volle di opera di persuasione, da parte degli abitanti della casa, per convincerlo a desistere dal suo proposito. Era ovvio che i Tedeschi, dopo i primi colpi di fucile, avrebbero rivolto le loro armi contro la casa stessa, e nessuno dei suoi occupanti sarebbe stato risparmiato. Non solo, ma se qualche soldato fosse rimasto ucciso, sarebbe scattata l’immancabile e crudele rappresaglia, come ordinato da Hitler: 10 italiani fucilati per ogni tedesco ucciso.

Valido Capodarca

martedì 22 ottobre 2013

LA “QUERCIA GROSSA” DI CA’BARGELLO


Questa è veramente enorme: in termini di volume, potrebbe essere la seconda quercia delle Marche, dietro l’indiscussa primatista, la roverella di Passo di Treia. La sua carta d’identità dice: 6 metri circa la circonferenza del tronco, 20 l’altezza, 30 il diametro di chioma, 350 anni l’età.
Benché la pianta sia radicata nel territorio comunale di Cagli, per raggiungerla occorre partire da Acqualagna. Da qui, ci si immette su una stradina asfaltata di modesta ampiezza che reca l’indicazione di Tarugo. Percorsi cinque chilometri esatti, ecco il minuscolo agglomerato di case di Ca’Bargello. All’inizio del paesino, parte sulla sinistra una stradina dal fondo in macadam, che va imboccata. Dopo un altro chilometro esatto, la meta del viaggio si para davanti agli occhi del visitatore, inconfondibile per la sua mole.
Quello che colpisce, della pianta, oltre alle innaturali dimensioni, è la sua posizione. La gigantesca Quercia scaturisce, infatti, da una parete quasi verticale che si stende fra la stradina, al di sopra, e un ripiano di modesta ampiezza al di sotto. Il fusto, uscito quasi in orizzontale, flette subito verso l’alto e mantiene una posizione verticale fino all’aprirsi di una chioma di non comune estensione.
Viene quasi istintivo pensare che, se la Quercia dovesse franare a valle per il suo peso, trascinerebbe con se la stradina isolando tutti gli abitanti posti al di là di essa.
Anche i più anziani abitanti della borgata affermano di averla conosciuta sempre dell’odierno aspetto e delle stesse dimensioni. Posta a non grande distanza dal paesino, essa era meta abituale dei residenti che amavano recarsi a godere della frescura offerta dalla grande Quercia. Racconta una signora sessantenne che, all’epoca della sua infanzia, uno dei divertimenti abituali dei bambini di Ca’ Bargello, era quello di effettuare una sorta di scommessa: riuscire ad attraversare tutta l’ombra della pianta a occhi chiusi. Si sa che, senza l’ausilio della vista, il nostro cervello smarrisce il senso della direzione e, un giorno, per poco non accadde l’irreparabile: un bambino andò nella direzione sbagliata e precipitò lungo la ripida scarpata fino al ripiano sottostante.
La Quercia Grossa gode di notevole celebrità, e non sono rari i turisti che chiedono informazioni per raggiungerla. Per essa si è incomodata perfino la TV nazionale, dedicandole, alcuni anni or sono, un apposito servizio sul TG2.

Valido Capodarca

domenica 20 ottobre 2013

L'alimentazione del nostro cane non deve essere a discapito di altri!


Di seguito troverete un elenco di aziende “cattive” e aziende “buone”, elaborato unendo le liste Oipa  e Vivo. L’invito, ovviamente, è quello di acquistare pet food non testato sugli animali. Anche perché, come spiega l'Oipa, “i test su animali (inutili e crudeli) potrebbero essere facilmente aboliti mettendo in commercio prodotti sicuri, la cui appetibilità e digeribilità siano garantite dalla buona qualità degli ingredienti e grazie ad indagini di mercato presso campioni di clienti e rifugi per animali randagi”.
1) Aziende che eseguono test su animali

  • GRUPPO MARS:

Cani: Chappi, Pedigree, Cesar, Royal Canin (tutta la linea).

Gatti: Frolic, Whiskas, Sheba, Kitekat, Catsan (sabbia), Royal Canin (tutta la linea)

    • GRUPPO COLGATE PALMOLIVE:

    Hill's Science Diet, Hill's Prescription Diet.


    • GRUPPO PROCTER & GAMBLE:

    Iams, Eukanuba.

      • GRUPPO NESTLÈ:

      Cani: Bull (bocconi), Fido, Friskies, Pro Plan, Purina ONE, Purina veterinary diets. Gatti: Felix, Friskies (Gourmet), Fufi (bocconi), Purina ONE, Pro Plan.

      Note: Nestlè è boicottata da 20 Paesi del Mondo già per motivi umanitari (scorretta commercializzazione del latte in polvere nei Paesi del Terzo Mondo e conseguente morte di centinaia di migliaia di bambini).


      • BAYER:

      Cani: PRO GRES. Gatti: PRO GRES.

      Note: Non sappiamo se tale alimento sia stato testato su animali. Certo è che Bayer è una azienda farmaceutica/chimica/agrochimica (pesticidi e OGM) tra le più grosse del mondo e tra le più attive nel campo della vivisezione. È pertanto consigliabile NON scegliere i prodotti Bayer per i propri acquisti.


      • HEINZ


      • NUTRO

      2) Aziende che NON eseguono test su animali:

      La stragrande maggioranza delle piccole aziende private e non di proprietà delle multinazionali della lista 01, non hanno interesse a sovvenzionare costose sperimentazioni su animali. Pur utilizzando di norma ingredienti testati su animali da terzi, o vendendo prodotti realizzati dalle aziende di cui al punto precedente, non incentivano questi testcommissionandoli espressamente o eseguendoli in laboratori di proprietà. "Considerata l'attuale situazione generale, possono essere pertanto giudicati "meno peggio"", dice il Comitato.

      • Adragna Alimenti Zootecnici srl

      • Affinity Petcare (Cani: Advance, Advance Veterinary Diets, Ultima, Puppy Chow, Dog Chow. Gatti: Advance, Advance Veterinary Diets, Ultima, Cat Chow, Brekkies Excel Cat, Special Care. Note: la linea Chow è stata di recente acquistata da Purina per cui sono ancora in circolazione vecchie confezioni prodotte da Purina)

      • Agras Delic (Schesir, Adoc, Dreesy, Stuzzy)

      • Almo Nature

      • Aniwell

      • Arovit: (Ronnie per cani, in vendita presso Coop, Bossie per gatti, in vendita presso Coop, Miao per gatti, in vendita da Esselunga, Bau per cani, in vendita da Esselunga, Winner Cat, solo cibo umido per gatti, in vendita da Ld Market, Winner Dog, solo cibo umido per cani, in vendita da Ld Market

      • Befood

      • BIOMill

      • COOP solo cibo umido (il mangime secco COOP è prodotto da un'azienda italiana la cui politica aziendale al riguardo non è nota. La COOP ha tuttavia dichiarato "Gli attuali fornitori di alimenti per cani e gatti, non effettuano test "nutrizionali". Le formulazioni dei prodotti sono ricavate da linee guida ( FEDIAF / AFNOR) e quindi non si rende necessario verificare in vivo le ricette)

      • Csj

      • Dorado S.R.L. ( Exclusion Baubon Gloden Food Primacy

      • Eagle Italia

      • Effeffe Petfood (Società controllata di Arovit).

      • Giuntini – Conagit (Crancy Italian Way Crancy Byrba cani, Keké gatti, Pro34 Sandy Light KeKè Pro 26D cane, Pro 34 gatto, Winner Dog Winner Cat )

      • Monge (Le chat, Le chat patè, Gemon, Gran Bontà, Gran Bontà, le delizie dello chef, Simba, Artù, Moustache, Rudy)

      • Natural life pet food

      • Nature Italia Srl

      • Naturina Natural petfood

      • Nova Food

      • Number One Biological

      • Pascoe's

      • Pet Life srl

      • Petfood Italia

      • Saluspet

      • SANYpet

      • Spagnol Group

      • Valpet

      • Vet Line

      • Zoodiaco

      03. Aziende da preferire: totalmente cruelty-free

      Nessuna delle marche comprese nelle liste 01 e 02 cerca di risolvere il problema di fondo dell'uccisione di animali di altre specie (mucche, maiali, vitelli, conigli, polli, ecc.) per nutrire cani e gatti o altri "animali d'affezione" carnivori. Sulla scelta di nutrire i pet con un cibo sano e contemporaneamente "senza crudeltà" verso altri animali ci riserviamo di scrivere a breve un post. Intanto, ecco le aziende che producono anche linee di cibo vegetariano per animali:

      • AMÌ:

      Crocchette vegetariane per cani e gatti


      • BENEVO:

      Umido e crocchette vegan per cani e gatti. Si trova nei negozi on-line.


      • BIOPUR:

      Ha alcuni tipi di umido per cani vegetale. Si trova nei negozi on-line.


      • BURNS:

      garantita da Uncaged riguardo ai test su animali, produce anche una linea di umido per cani vegetale. Si trova nei negozi on-line.


      • DENKADOG:

      tutti senza additivi e conservanti, i prodotti si ordinano per telefono, fax o posta elettronica, oppure direttamente presso l'azienda EuroService. È offerto un tipo di crocchette vegetali per cani: "Denkadog superior hypo sensitive".


      • ROCKY:

      Produce vari tipi di biscotti e snack vegetali per cani. Si trova nei negozi on-line.


      • SANI&SALVI:

      Linea di crocchette vegetariane per cani e gatti. Si trova nei negozi on-line.


      • TERRA-PURA:

      Ha un tipo di umido per cani vegetale (non per gatti). Si trova nei negozi on-line.


      • VECAN:

      Crocchette per cani prive di carne e derivati animali, 100% vegetali, a marchio Vitadacani.


      • YARRAH:

      Produce sia cibi carnivori che vegetariani (vegetariani solo per cani), crocchette e umido, e si trova nei negozi di alimentazione naturale.

      Fonti:


      SERMONETA E IL LECCIO DI SAN FRANCESCO


      Fra i tanti alberi che si richiamano a San Francesco, uno lo troviamo a Sermoneta (LT), sul piazzale antistante il convento francescano con annesso cimitero. Questa volta, tuttavia, il Santo c’entra poco. La pianta trae questo nome proprio dal convento dei frati minori francescani. Le sue origini, benché molto remote, sono datate qualche secolo dopo il passaggio su questa terra del Personaggio. Essa reca tanto di data di nascita certificata: il 1495. Dunque, il Leccio mancherebbe di soli 3 anni un’origine medioevale che, come noto, sarebbe il 1492’? Dobbiamo pensare che un leccio, quando viene piantato, è già un virgulto di 3 o 4 anni. Ne consegue che, mentre Colombo spiegava le vele al vento nel porto di Palos, sui monti del basso Lazio era già germogliata la ghianda che avrebbe generato un albero che, dopo aver navigato per cinque secoli nell’oceano della Storia, è giunto fino a noi, anche se un po’ malconcio. Molto ha giovato, alla sopravvivenza della pianta nei secoli, il fatto di appartenere a un convento. Dal 1495, Frate Leccio ha fatto parte di esso, condividendone la quotidianità. Per secoli ha visto arrivare stuoli di novizi, li ha visti invecchiare e morire, fino a che, piano piano, è invecchiato anche lui. La vecchiaia, si sa, porta con sé la malattia ed il vecchio Leccio ha cominciato ad accusare i primi malanni, sotto forma di attacchi di agenti patogeni, quali funghi ed insetti. Questi hanno cominciato a far marcire i suoi tessuti, fino a provocare la perdita di un ramo che si allungava verso nord-est. Oggi infatti la sua chioma appare incompleta e sbilanciata verso ovest. Provvidenziale è stato un primo intervento del Comune, che ha fatto effettuare una sapiente operazione di restauro. Ancora più pregevole e di più professionale fattura l’intervento effettuato nel 2005, sempre ad opera del Comune, in particolare su iniziativa del geometra Giancarlo Pirani, responsabile dell’Ufficio Tecnico. L’aiola è stata abbassata e soprattutto ampliata, in modo da consentire al Leccio una maggiore superficie destinata a raccogliere le acque meteoriche. Dopo l’asportazione di un ulteriore ramo secco rivolto verso il convento, il resto della chioma è stato appoggiato su impalcature metalliche costruite su misura. Una balaustra, anch’essa metallica, protegge infine tutto il monumento vegetale. L’operazione ha consentito alla pianta una migliore qualità di vita e un prolungamento della stessa. Di quanto, non è dato sapere; ma certamente San Francesco, un Santo che di pazienza ne ha avuta sempre tanta, ne avrà ancora un po’, prima di richiamare, presso il suo convento celeste, il vecchio frate Leccio.

      Valido Capodarca

      sabato 19 ottobre 2013

      La rivoluzione Shale Gas - terza parte

      Infografica della dexia sullo shalegas
      Dopo aver analizzato il successo della rivoluzione shale gas negli Stati Uniti, la terza parte di questo articolo descrive la situazione attuale del settore del gas scisto in Europa. Infine, alcune conclusioni sono presentati.
      Shale gas in Europa: E' possibile replicare tale rivoluzione?
      Si sono stimati grandi riserve di shale gas in tutta EuropaTuttavia, il gas da scisto non è interessante economicamente, al giorno d'oggi, ed è probabile che tale situazione non muti nei prossimi anni. Sembra ci siano una serie di ostacoli tecnici, ambientali e normativi che graverebbero sullo sviluppo di questo settore. Purtroppo il condizionale è d'obbligo essendo tutto in funzione del fattore costi/benefici e sappiamo tutti che l'Europa è in recessione. In generale le condizioni, in molti paesi europei, sono diversi da quelli statunitensi:
      Geologia : i giacimenti sono molti ma più piccole e più profonda rispetto agli Stati Uniti. Come risultato, l'estrazione di gas è meno economica.
      Regolamentazione: le norme europee sono molto severe per quanto riguarda le questioni ambientali e idricheNon ci sono, ad esempio, gli incentivi fiscali per le operazioni estrattive da scisto. Per quanto riguarda i diritti di proprietà in Europa, lo shale gas appartiene allo stato e proprietari terrieri non hanno diritto ad alcun indennizzo per lo sfruttamento.
      Il sostegno del governo: la Commissione europea non ha investito soldi in R & S per il gas shale. La tecnologia sviluppata negli Stati Uniti non è proprio adatto per la geologia europea.
      riguardano l'ambiente : la opposizione al gas di scisto è molto più forte in Europa. Francia e Bulgaria hanno già vietato le operazioni di gas di scisto (in Francia soprattutto per l'egemonia del nucleare, negli USA è già in ginocchio leggi l'articolo) e di altri paesi come la Germania hanno sospeso le operazioni fino al raggiungimento degli studi per quanto riguarda l'impatto ambientale.
      Incertezza per quanto riguarda le risorse: la Polonia avrebbe il maggiore potenziale per sviluppare una forte industria del gas di scisto. I risultati sono stati deludenti finora e l'incertezza per quanto riguarda la quantità di shale gas che può essere effettivamente prodotta è veramente alto.
      Conclusioni
      Shale gas ha un grande potenziale di produzione anche in Europa. Potrebbe fornire grandi quantità di gas naturale conveniente .
      Da un punto di vista ambientale, se il gas naturale sostituito carbone petrolio e rifiuti (per la produzione elettrica), i livelli di emissioni di gas a effetto serra si ridurrebbero. Tuttavia, l' impatto ambientale delle operazioni di gas da scisto ha anche bisogno di essere considerata per tutto il ciclo di vita (LCA). Il tutto in una corretta regolazione per ridurre al minimo i danni dalla frantumazione idraulica.

      Nella Stati Uniti, l'industria del gas shale sta fornendo grandi quantità di gas naturale a basso costoLa rivoluzione è destinata a continuare e il contributo del gas shale per la produzione complessiva degli Stati Uniti sarà quasi certamente duratura ed in ascesa. Al contrario, lo sviluppo di questo settore in Europa sta vivendo notevoli difficoltà. Non ci sono certezze sul futuro di shale gas in Europa e ciò significa che sarà necessario attendere sviluppi nei prossimi anni.
      Lo sviluppo dello shalegas in Europa presenza di giacimenti. Molto resta ancora da esplorare.

      ULTIMISSIME DAL QUERCIONE DELLE CHECCHE


      Un affettuoso brindisi al Quercione delle Checche che in val d’Orcia, sul territorio comunale di Pienza (SI) impreziosisce con la sua presenza tutta la vallata. Da una misurazione effettuata oggi da un mio collaboratore, la celebre roverella è entrata nel “club dei 5 metri”, avendo raggiunto 5 metri di circonferenza di tronco. La ragione, tuttavia, della fama del Quercione non sta nell’imponenza del fusto, ma nell’ampiezza della chioma, che nel 2002 raggiungeva i 35 metri di diametro.

      Valido Capodarca