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venerdì 4 ottobre 2013

I rischi delle manipolazioni genetiche - prima parte

di Gianni Taminobiologo dell'Università di Padova
membro del Comitato Nazionale per la Biosicurezza e le Biotecnologie

Intendo fornire una serie di informazioni che permettano ad ognuno di noi di farsi una propria idea e di non delegare ad altri il nostro futuro su aspetti così rilevanti, quindi credo che l'obiettivo di questo incontro è quello di stimolare una riflessione ed un dibattito su problemi che hanno rilevanza anzitutto etica, ma anche in termini sociali, economici, ambientali, sanitari; insomma c'è una quantità di aspetti che sono toccati da queste tematiche, che sarebbe veramente incredibile che qualcun altro decidesse per noi su questi temi. Tuttavia, questo è proprio quello che sta succedendo, perché in realtà di manipolazioni genetiche si parla da molti anni, le manipolazioni genetiche esistono come potenzialità dagli anni '70, dagli anni '80 abbiamo cominciato a verificare che, negli USA prima, poi anche in altri Paesi compresa l'Europa, si sono create aziende, industrie e multinazionali in questo settore ( in particolare negli Stati Uniti, dagli anni '80, questo si è prima sviluppato nel settore bio-medico, poi anche in quello agro-alimentare); oggi rischiamo di discutere di queste cose quando in gran parte il processo rischia di sfuggirci di mano, di sfuggire di mano a noi, in quanto cittadini, in quanto collettività, ed è questo l'aspetto più rilevante. 
Allora credo che proprio in una logica di informazione, ma anche di provocazione, perché lo stimolo al dibattito viene anche dalle provocazioni, partirei da alcune considerazioni preliminari.
La prima cosa è che troppo spesso si parla non di manipolazioni genetiche, ma di biotecnologie. Ecco, stiamo attenti perché le biotecnologie esistono da quando l'uomo è diventato prima allevatore, e poi agricoltore, perché biotecnologie indica semplicemente una tecnica che utilizza un fenomeno biologico; quindi fare la birra, o l'aceto, o il vino, o lo yogurt e si potrebbe andare avanti a lungo, sono tutte biotecnologie. Si utilizzano dei fenomeni, in questo caso processi determinati da microrganismi, per ottenere un processo tecnologico, cioè un qualcosa che in natura non si verificherebbe senza una progettualità dell'uomo, che utilizza la conoscenza di questo fenomeno e la finalizza ad un processo tecnico. Quindi le biotecnologie non sono una novità.
La novità, negli anni '70, è l'acquisizione a livello scientifico della scoperta che esistono dei processi molecolari per cambiare porzioni di informazione genetica corrispondenti a geni e trasferirli da una specie a qualunque altra. E qui teniamo a definire alcuni dei termini che vengono correntemente utilizzati.
Spesso si trova scritto OGM, ovvero organismo geneticamente modificato, è un organismo nel quale con questa tecnica, detta anche, in ingegneria genetica, tecnica del DNA ricombinante, ho inserito un gene estraneo a quell'individuo, a quella popolazione, a quella specie. Usando questo metodo posso inserire anche geni della stessa specie, ma il più delle volte si inseriscono geni di specie assolutamente diverse; quindi trasferendo geni da una specie ad un'altra ottengo un nuovo individuo che è transgenico. Di conseguenza parliamo anche di prodotti transgenici, di cibi transgenici, in quanto derivati di organismi manipolati geneticamente.
Quali sono i problemi che pone l'applicazione delle manipolazioni genetiche nei vari settori?
Qui bisogna stare attenti a non cadere in alcuni luoghi comuni ed a non fare di tutt'erba un fascio. Non è che a priori qualsiasi manipolazione genetica debba essere considerata inaccettabile, il problema è di vedere quando un intervento rispetta principi etici, di sicurezza per la salute dell'uomo, di sicurezza per l'ambiente, di rispetto dei popoli, quando rispetta dei valori che sono parte fondamentale della comunità di cui facciamo parte. Allora, le prime applicazioni di manipolazioni genetiche si sono rivolte, e sono rilevanti tuttora, al settore della salute, al settore bio-medico, inizialmente con due applicazioni, poi ne vedremo una terza, attualmente in corso e molto pericolosa.
La prima applicazione, che pure ha dei rischi, consiste nel modificare dei batteri, quindi dei microrganismi, con dei geni, il più delle volte di origine umana. In questo modo posso far produrre a dei batteri proteine che sono tipiche della specie umana. In realtà questo tipo di procedura è da tempo consolidato e, anche se non ce ne accorgiamo, moltissime persone comprano in farmacia prodotti medicinali che sono ottenuti in questo modo. Ad esempio in questo modo si può ottenere insulina di origine umana, che i diabetici usano normalmente.
Qual è il motivo di rischio ed il motivo di accettabilità di questo tipo di procedimento? Va detto subito, che quando io modifico geneticamente un microrganismo, c'è un pericolo, perché se questo microrganismo si diffondesse nell'ambiente naturale e, per esempio, produce una proteina umana in quantità e luoghi sbagliati, potrebbe avere effetti disastrosi sulla specie umana, se questo microrganismo è in grado di inserirsi nel corpo umano. Però normalmente, come tecnica ormai consolidata, questi microrganismi sono tenuti in ambienti cosiddetti 'confinati', quindi in ambienti chiusi di laboratorio, dove è necessario usare tutta una serie di cautele per entrare nel luogo dove si opera, e questi microrganismi sono all'interno di un reattore fermentatore, che può essere spento con un interruttore, il che significa che qualunque cosa succeda, io posso spegnere il sistema e quindi sono in un ambiente in qualche modo controllato e, se l'ambiente è controllato, il rischio del prodotto finale che metto in commercio è paragonabile al normale rischio di qualunque medicinale, il che non significa che non ci sono rischi, al contrario. Per esempio, in questo modo mettendo in circolazione un aminoacido essenziale, che è utile per risolvere delle carenze alimentari, si è determinata la morte di alcune persone perché nella purificazione dei microrganismi sono stati ottenuti dei residui di prodotti non voluti, ma tossici, che hanno determinato la nocività da parte del prodotto ricavato. Questo perché passando dalla tecnica di laboratorio alla tecnica industriale, si compiono delle operazioni che rendono meno sicuro il processo, ed anche perché probabilmente questo è dovuto al fatto che inserendo dei geni, io interagisco con altri geni, e quindi posso avere delle attivazioni e delle disattivazioni di porzioni dell'informazione genetica, che possono produrre sostanze non desiderate. Il che, vedremo, accade anche in altri ambiti.
In ogni caso, se il processo viene effettuato in ambiente confinato, possiamo dire che questo tipo di situazione rientra nella normale procedura di produzione di medicinali, non solo, ma c'è un ragionamento ben preciso alla base di ciò: il rischio che si corre con un medicinale, è un rischio in qualche modo noto, perché ogni medicinale comporta qualche rischio, ma è controbilanciato, quando il medicinale è ben sperimentato, dal vantaggio nel combattere un pericolo che si spera maggiore del rischio che deriva dal medicinale. Certo, non sempre è così, perché quando si è messo in vendita un medicinale contro il mal di testa che conteneva sostanze cancerogene, il bilanciamento non era uniforme, eppure questo è stato fatto e si continua a fare.
Ad ogni modo diciamo che in generale questo non è un problema tipico del prodotto manipolato geneticamente, ma è un problema del medicinale in generale. Il rischio può essere anche rilevante se è compensato dal fatto che ciò che produco può salvare delle vite umane rispetto al rischio ben maggiore che in assenza del medicinale il danno sicuramente peggiori.
Questo stesso tipo di discorso può essere fatto anche riguardo ad un altro tipo di intervento medico, ovvero con la terapia genica.
La terapia genica ha come finalità quella di intervenire non sull'informazione genetica dell'individuo, ma sull'informazione genetica di cellule e di tessuti e organi di individui che presentano geni che o non funzionano, o danno predisposizione a certe malattie, sicchè modificando tali geni, essi modificano o la malattia genetica ereditaria, o la predisposizione a certe malattie non necessariamente ereditarie, ma che si acquisiscono grazie alla predisposizione. Oggi con la terapia genica abbiamo ottenuto un solo caso di cura.
C'è una sola malattia ereditaria che viene curata con la terapia genica, e si tratta di una malattia rarissima (una forma di immunodeficienza congenita che costringe a vivere per sempre in ambiente sterilizzato). Questo dimostra la difficoltà di trasformare un processo teoricamente semplice in un procedimento affidabile e credibile, che dia dei risultati.
Finora alle industrie del settore interessa molto di più cercare terapie per malattie di larga diffusione, che assicurino lauti guadagni ad imprese che non appartengono ad enti pubblici, ma a privati. Alle multinazionali del settore preme più ottenere la terapia genica non tanto per malattie genetiche che sono quasi sempre molto rare, ma per malattie di larga diffusione come il tumore o l'AIDS, che però non è detto che siano curabili attraverso questo tipo di terapia. Tuttavia, anche alcune malattie genetiche abbastanza diffuse non sono risolvibili con la terapia genica perché si ignora un fenomeno molto importante che è quello per cui inserire un gene in un sistema complesso, non comporta necessariamente che quello stesso gene si manifesti, ciò vuol dire che bisogna studiare bene la possibilità che nell'interazione fra geni ci sia il manifestarsi del gene desiderato; il che è tutt'altro che facile. Noi oggi siamo in gradi di inserire geni, ma non siamo affatto capaci di controllare ciò che succede una volta introdotto un gene. Questo è un limite rilevante, che in altri casi ci permetterà di capirne i pericoli.
Anche nel caso della terapia genica abbiamo dei rischi, infatti di recente una persona che si è sottoposta, volontariamente ed adeguatamente informata, alla sperimentazione della terapia genica è morta. Il rischio in questo caso è stato compensato dalla possibilità di guarire, in quanto la malattia per la quale quella persona aveva accettato di sottoporsi al trattamento avrebbe portato comunque alla morte. In ogni caso noi abbiamo sempre una valutazione dei rischi e dei benefici e, dobbiamo aggiungere, nel caso della terapia genica, i rischi riguardano solo l'individuo interessato, e non è invece qualcosa che si diffonda, in quanto abbiamo solo modificato delle cellule. A livello etico finora abbiamo sempre rifiutato che si possa intervenire sui geni di cellule germinali, cioè che possano dare origine permanentemente ad una modificazione genetica, perché c'è un principio etico che non esiste in natura una definizione esatta di gene buono e di gene cattivo, come non esistono piante buone e piante cattive, o animali buoni ed animali cattivi. Per capire la differenza fra gene buono e gene cattivo, che non esiste, vi mostro che in natura esistono numerosi casi di geni apparentemente sfavorevoli per le specie che li portano, e che poi, in particolari condizioni, si rivelano vantaggiosi. Un esempio classico è quello delle farfalle che vivono sulle betulle, farfalle normalmente bianche, che stando sulle betulle, la cui corteccia è anch'essa bianca, non sono visibili agli uccelli loro predatori. Tuttavia all'interno di questa popolazione di farfalle c'è un gene che determina la colorazione nera, sicchè le farfalle nere, stando sulla corteccia chiara, vengono subito individuate dai predatori. Nonostante questo svantaggio, nei meccanismi riproduttivi, una quota della popolazione mantiene il carattere della colorazione nera. Proprio questo carattere si è rivelato vitale quando, a causa dell'inquinamento conseguente allo sviluppo industriale nell'Inghilterra della dine del '700, si è avuto l'annerimento della corteccia delle betulle. In queste condizioni, solo la quota delle farfalle nere godeva di una buona mimetizzazione, a differenza delle farfalle bianche.
Questo significa che la definizione di gene utile e di gene dannoso varia al variare dell'ambiente, non c'è un concetto fisso.
Questo vale anche per la specie umana. In molte zone dell'Adriatico, compresa la Puglia, è diffusa una malattia detta 'anemia mediterranea', solo nelle zone al di sotto dei 500 metri di altezza, oltre i quali non si trova più questo carattere. La presenza di quest'ultimo è legata a zone un tempo malariche. Infatti l'anemia mediterranea è una malattia che comporta di solito una vita disagevole, a causa della necessità di continue trasfusioni e la purificazione del sangue dagli accumuli di ferro. Pertanto oggi l'anemia mediterranea appare come una malattia del tutto negativa. Eppure nel passato, quando in quello stesso territorio c'era la malaria, una piccola quota di popolazione andava incontro all'anemia mediterranea, una piccola quota di popolazione moriva di malaria, una gran parte della popolazione non aveva né la malaria, né l'anemia mediterranea. Infatti gli individui che ricevevano da uno solo dei genitori il carattere per l'anemia mediterranea avevano dei globuli rossi leggermente più piccoli, e conducevano una vita assolutamente normale, però questa piccola anomalia rendeva lo sviluppo del plasmode della malaria diverso da quello che si ha nelle condizioni di un globulo rosso normale e permetteva alle difendersi dalla malaria. Questo significa che il gene dell'anemia mediterranea in sé non è né buono, né cattivo, ma dipende dalle condizioni ambientali. Lo stesso discorso vale per l'anemia falciforme, legata ad un altro tipo di malaria.
Tutto questo per dire che sarebbe perfettamente demenziale intervenire artificialmente sul patrimonio genetico umano e pensare di trasformare l'uomo in un individuo perfetto, con geni tutti giusti, perché si ha in mente una certa idea di quali siano i geni giusti, come quando si pensa che tutti gli uomini debbano essere con gli occhi azzurri, magari tutti alti un metro e ottanta, magari biondi, o a seconda dei gusti. In effetti in America c'è chi pensa a queste cose, per cui si parla di 'bambini a comando'. Io spero che queste cose non accadano mai, però c'è purtroppo chi lo auspica in qualche modo. Il fatto stesso che si parli di clonazione umana spiega come questa tendenza sia tutt'altro che remota e addirittura oggi siamo arrivati a ciò che prima veniva negato, ovvero che mai si sarebbe effettuata la clonazione umana. Ma, guardate, se siamo in grado di clonare animali, siamo tecnicamente in grado di clonare anche l'uomo.
E perché oggi si arriva alla clonazione? La clonazione è un fenomeno che conosciamo dagli anni '60. Il motivo per il quale oggi si vuole arrivare alla clonazione di mammiferi, e quindi anche dell'uomo, è che ci sono nuove prospettive commerciali, e non di interesse scientifico. Per esempio, in natura nei microrganismi e nelle piante la clonazione è naturale. I microrganismi si riproducono in modo tale da formare cloni, e nelle piante si possono riprodurre piante in modo che si formino cloni, così come avviene con la talea. 'Clone' non significa che la pianta sia identica a quella di partenza, anche questo è un grosso errore molto comune, 'clone' vuol dire piuttosto che ha lo stesso patrimonio genetico, ma siccome le sollecitazioni ambientali a cui è sottoposto l'individuo provocano comunque risposte differenti nei due esemplari, che nell'interazione con l'ambiente non sono mai uguali, perciò. Bisogna poi considerare anche il fatto che due individui sfasati nel tempo non sono mai uguali. Ma c'è una domanda di clonazione umana di un altro tipo e che spiega come mai oggi siamo arrivati a clonare l'uomo, o perlomeno a proporlo ed a brevettare una clonazione umana. Perché una volta ottenuta la manipolazione genetica di mammiferi e per mantenere in maniera permanente questa modificazione genetica, è indispensabile la clonazione, poiché attraverso la riproduzione sessuale il carattere acquisito per modificazione genetica si disperderebbe.
E infatti la clonazione di Dolly nasce da questo. Oggi, il fatto che si sia brevettata (dicono che sia un errore, ma non è vero) una tecnica di clonazione per tutti i mammiferi, uomo compreso, è perché questo apre alcuni aspetti commerciali di grande interesse.

Nelle applicazioni mediche, finchè si tratta di ottenere farmaci o terapia genica, non sollevano grandi problemi né etici, né comportano rischi diversi da quelli impliciti negli altri tipi di medicinali. Ma quando vediamo intaccare il patrimonio genetico umano, in maniera permanente, per finalità mediche, il discorso cambia. E infatti il discorso della clonazione di animali, ed eventualmente umana, ha una finalità tutta commerciale, con aspetti estremamente rischiosi non giustificati per l'umanità nel suo complesso. Se modifichiamo geneticamente animali, lo facciamo in particolar modo, e questo è il grande affare del futuro, per poter rendere animali, come le scimmie, o i maiali, 'umanizzati' cioè per inserire geni umani in modo da rendere questi animali vicini all'uomo, dal punto di vista della istocompatibilità e quindi come possibilità di trasferire tessuti ed organi di queste scimmie e maiali nell'uomo, e perciò per utilizzarli come fonte di pezzi di ricambio nella medicina dei trapianti. E' chiaro che una volta che ho umanizzato un animale per trapianti, non posso permettermi di disperdere il carattere e di riprodurlo ogni volta di nuovo, perchè sarebbe troppo costoso, quindi il carattere viene mantenuto tale e quale è stato ottenuto mediante la clonazione.

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