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domenica 20 ottobre 2013

SERMONETA E IL LECCIO DI SAN FRANCESCO


Fra i tanti alberi che si richiamano a San Francesco, uno lo troviamo a Sermoneta (LT), sul piazzale antistante il convento francescano con annesso cimitero. Questa volta, tuttavia, il Santo c’entra poco. La pianta trae questo nome proprio dal convento dei frati minori francescani. Le sue origini, benché molto remote, sono datate qualche secolo dopo il passaggio su questa terra del Personaggio. Essa reca tanto di data di nascita certificata: il 1495. Dunque, il Leccio mancherebbe di soli 3 anni un’origine medioevale che, come noto, sarebbe il 1492’? Dobbiamo pensare che un leccio, quando viene piantato, è già un virgulto di 3 o 4 anni. Ne consegue che, mentre Colombo spiegava le vele al vento nel porto di Palos, sui monti del basso Lazio era già germogliata la ghianda che avrebbe generato un albero che, dopo aver navigato per cinque secoli nell’oceano della Storia, è giunto fino a noi, anche se un po’ malconcio. Molto ha giovato, alla sopravvivenza della pianta nei secoli, il fatto di appartenere a un convento. Dal 1495, Frate Leccio ha fatto parte di esso, condividendone la quotidianità. Per secoli ha visto arrivare stuoli di novizi, li ha visti invecchiare e morire, fino a che, piano piano, è invecchiato anche lui. La vecchiaia, si sa, porta con sé la malattia ed il vecchio Leccio ha cominciato ad accusare i primi malanni, sotto forma di attacchi di agenti patogeni, quali funghi ed insetti. Questi hanno cominciato a far marcire i suoi tessuti, fino a provocare la perdita di un ramo che si allungava verso nord-est. Oggi infatti la sua chioma appare incompleta e sbilanciata verso ovest. Provvidenziale è stato un primo intervento del Comune, che ha fatto effettuare una sapiente operazione di restauro. Ancora più pregevole e di più professionale fattura l’intervento effettuato nel 2005, sempre ad opera del Comune, in particolare su iniziativa del geometra Giancarlo Pirani, responsabile dell’Ufficio Tecnico. L’aiola è stata abbassata e soprattutto ampliata, in modo da consentire al Leccio una maggiore superficie destinata a raccogliere le acque meteoriche. Dopo l’asportazione di un ulteriore ramo secco rivolto verso il convento, il resto della chioma è stato appoggiato su impalcature metalliche costruite su misura. Una balaustra, anch’essa metallica, protegge infine tutto il monumento vegetale. L’operazione ha consentito alla pianta una migliore qualità di vita e un prolungamento della stessa. Di quanto, non è dato sapere; ma certamente San Francesco, un Santo che di pazienza ne ha avuta sempre tanta, ne avrà ancora un po’, prima di richiamare, presso il suo convento celeste, il vecchio frate Leccio.

Valido Capodarca

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